Consulenza scientifica
SELVAGGINA: LE CARNI “NERE”
La selvaggina e la cacciagione appartengono alla categoria delle carni nere, così denominate per il colore rosso-bruno (più scuro rispetto alle carni di animali da allevamento).
Vengono distinte tra cacciagione “da pelo” (lepre, capriolo, cinghiale, camoscio, cervo) o “da penna” (fagiano, pernice, beccaccia, quaglia). Anche alcuni animali da cortile rientrano nella categoria delle carni nere, come la faraona, l’oca, l’anatra, lo struzzo e il piccione.
SELVAGGINA: COME TRATTARE LA CARNE
Sono carni con masse muscolari a struttura compatta con un basso tenore di grasso. Dal punto di vista della digeribilità è da preferirsi la selvaggina a pelo, perché più tenera di quella a penna; tuttavia la tenerezza e la sapidità delle carni variano in relazione alla specie, al sesso, all’età, all’ambiente climatico, all’epoca della cattura e all’alimentazione.
La selvaggina a pelo fornisce carni più consistenti e dure, pertanto necessita oltre a un prolungato periodo di frollatura (5-6 giorni per il capriolo, 8-9 giorni per il cinghiale, 2-3 giorni per la lepre), di un successivo periodo di marinatura (fino a 48 ore) per migliorare la tenerezza delle carni e per eliminare il sapore di selvatico.
SELVAGGINA: TANTE PROTEINE E POCHI GRASSI
La selvaggina rappresenta un piatto d’eccezione sulla nostra tavola per la stagionalità del prodotto (legato alla stagione della caccia), per la sua scarsità (si tratta di animali che vivono allo stato libero) e per il costo elevato.
Rappresenta, nella nostra alimentazione, un’utile variante al menù abituale: garantiscono infatti un apporto proteico pari e in alcuni casi superiore a quello delle altre carni e contengono una scarsissima quantità di grassi; i carboidrati sono invece del tutto assenti.
La carne di pernice, ad esempio, contiene il 25% di proteine e l’1,4% di grassi, mentre la carne di pollo ne fornisce rispettivamente il 20% e il 3%.
Ricchissima di amminoacidi essenziali, le proteine sono di elevato valore biologico, mentre la natura dei grassi varia molto in base alla specie.
Le vitamine più abbondanti nella carne di selvaggina sono quelle del gruppo B; è particolarmente elevata la niacina (PP), ma non deludono le concentrazioni di tiamina (B1), riboflavina (B2), piridossina (B6), biotina (H) e cobalamina (B12). Consumando anche alcune frattaglie della selvaggina, come il cuore, il fegato e i reni, si assumono alte concentrazioni anche di vitamina A (retinolo) e vitamina D (calciferolo).
Per quanto riguarda i minerali invece, spiccano le concentrazioni di ferro, potassio, fosforo, magnesio e sodio.
L’ESPERTA: SELVAGGINA, UNA CARNE PER TUTTI
“La carne di selvaggina non presenta particolari controindicazioni, tranne nei soggetti che sono affetti da allergie specifiche per questo alimento”. Indica il dottoressa Katia Gennai, che afferma: “È poco indicata a chiunque abbia disturbi all’apparato digerente, dato che richiede cotture più elaborate; in questo caso è meglio orientarsi sulla selvaggina a piume (quaglie, fagiani, pernici) che può essere cucinata semplicemente allo spiedo o al forno. Consumare con moderazione in caso di iperuricemia e gotta“.
BIBLIOGRAFIA
- U.S. Department of Agriculture, Agricultural Research Service. 2011
- USDA National Nutrient Database for Standard Reference, Release 24
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