Consulenza scientifica
IL LATTATO: COS’È?
Il meccanismo glicolitico, normalmente chiamato anaerobico lattacido, porta alla formazione di acido lattico. Dato che questa molecola di dissocia nell’organismo in ione lattato (negativo) e ione idrogeno (positivo), si usa, di solito, più correttamente il termine “lattato”.
Il lattato è un prodotto del metabolismo energetico necessario per alcune reazioni biochimiche di produzione dell’energia e utilizzato, a sua volta, a scopo energetico come carburante.
Il lattato non è “tossico”, non è responsabile del dolore muscolare che insorge qualche tempo dopo uno sforzo intenso e non provoca crampi muscolari. La sua produzione ha a che fare con gli aspetti metabolici degli esercizi di durata compresa da alcuni secondi a parecchie decine di minuti in una larghissima gamma d’intensità.
IL LATTATO: COME SI MISURA?
La concentrazione del lattato nel sangue si misura normalmente in millimoli di lattato per litro di sangue (mmol/l).
Esistono degli strumenti d’analisi tascabili (di solito chiamati, un po’ impropriamente, “lattametri”) che possono fare la misura del lattato ematico su una piccola goccia di sangue (che di solito è presa dal lobo dell’orecchio o dalla punta del dito) fornendo il risultato in pochi secondi.
L’ESPERTO: IL LATTATO, PERCHÉ SI FORMA?
“Il piruvato che si è formato durante la glicolisi, processo indipendente dalla presenza dell’ossigeno, (vedi I sistemi di produzione dell’energia – metabolismo aerobico e anaerobico) non può uscire facilmente dalla fibra muscolare. La permanenza del piruvato all’interno della fibra sarebbe di ostacolo al funzionamento dei vari apparati della cellula stessa.”
Afferma il Professor Marco Bonifazi, che indica: “Nelle fibre muscolari dotate di molti mitocondri (dette fibre aerobiche o anche rosse, lente o di tipo I) tutto il piruvato prodotto entra nei mitocondri stessi per essere metabolizzato. Esistono, però alcune fibre muscolari dotate di pochi mitocondri (dette fibre anaerobiche – ma sarebbe meglio chiamarle “ipoaerobiche” – dette anche bianche, veloci o di tipo II) nelle quali l’eliminazione del piruvato in eccesso può avvenire solo attraverso la sua trasformazione in lattato.
In queste fibre si realizza uno squilibrio fra la quantità (alta) di piruvato prodotto e la capacità (scarsa) dei mitocondri di accettarlo e metabolizzarlo. Questa situazione è del tutto indipendente dalla disponibilità dell’ossigeno: essa dipende solo dal numero relativamente insufficiente di mitocondri.
Il lattato che si forma esce facilmente dalla fibra muscolare (esistono trasportatori di membrana per questo) diminuendo così l’acidosi intracellulare. Le fibre anaerobiche sono più forti di quelle aerobiche, si possono contrarre più velocemente, ma si stancano molto prima. Esse sono reclutate quando quelle aerobiche da sole non sono più in grado di soddisfare le richieste d’intensità del lavoro muscolare. Nelle fibre di tipo anaerobico, quindi, una buona parte dell’energia è prodotta solo dalla glicolisi.
La quantità totale di quest’energia è modesta, ma è fornita con una velocità molto superiore. Tanto che la potenza fornita dal meccanismo lattacido è circa il doppio di quella del sistema aerobico.”
IL LATTATO: VALORI A RIPOSO E DOPO GARA
La concentrazione del lattato ematico a riposo è circa 1-1,5 mmol/l. Dopo alcuni minuti dal termine di una competizione, necessari per la diffusione del lattato dai muscoli al sangue, si possono raggiungere e superare valori di 20 mmol/l.
I valori di lattato più alti si riscontrano dopo gare di durata compresa fra alcune decine di secondi e qualche minuto; per durate superiori, più lunga è la gara e minori sono i valori di lattato e anche il tempo necessario per raggiungere il picco post-esercizio. Tuttavia, maggiori quantità di lattato non corrispondono necessariamente a prestazioni migliori. Nelle donne i valori di lattato al termine delle gare più brevi, quelle che determinano le concentrazioni maggiori, sono spesso inferiori a quelli degli uomini.
In generale, il valore del lattato post-gara fornisce un’indicazione del contributo glicolitico all’energia totale durante la gara e questo è interessante per conoscere meglio l’atleta.
IL LATTATO: CARBURANTE E RISERVA DI ENERGIA
Il lattato misurato durante o al termine dell’esercizio non esprime la quantità di esso prodotta dai muscoli, ma solo quello accumulato nel sangue. Il lattato ematico, infatti, non dipende solamente da quanto ne è stato prodotto, ma anche da quanto lattato è stato rimosso dal sangue durante o subito dopo lo sforzo. Infatti, il lattato prodotto durante l’esercizio ha 2 destini principali:
- una parte rilevante entra nelle fibre di tipo aerobico dei muscoli striati e nelle fibre muscolari cardiache che, naturalmente, sono tutte di tipo aerobico. In tutte queste fibre il lattato è trasformato in piruvato che, a sua volta, entra nei mitocondri per essere metabolizzato. In pratica, il lattato diventa carburante per le fibre muscolari aerobiche e per il cuore
- una quota del lattato prodotto entra nelle cellule del fegato, dove è utilizzato per riformare glicogeno epatico. In questo caso il lattato è utilizzato per ripristinare le riserve di energia
IL LATTATO: TEMPI DI SMALTIMENTO
Il parametro che indica la velocità di smaltimento del lattato dal sangue si chiama emivita. L’emivita è il tempo necessario per dimezzare la concentrazione ematica di una sostanza, ad opera del metabolismo (viene usato per i farmaci).
L’emivita del lattato è di circa 15-20 minuti (negli atleti anche meno) durante il recupero dopo lo sforzo. Quindi circa ogni 15 minuti la concentrazione del lattato nel sangue diventa la metà: per esempio, se un atleta ha 16 mmol/l di lattato ematico dopo una gara, la sua concentrazione diventa 8 mmol/l dopo 15 minuti, poi 4 mmol/l dopo 30 minuti per tornare ai livelli basali (attorno a 1-1,5 mmol/l) in circa un’ora. Se l’atleta fa un recupero attivo, ad un’intensità attorno o di poco inferiore alla soglia aerobica, il lattato è usato maggiormente come carburante da parte del cuore e delle fibre aerobiche e quindi smaltito più velocemente. In questo caso, l’emivita si riduce a circa 10 minuti negli atleti molto allenati e i valori basali sono raggiunti in 30-40 minuti.
Tuttavia, aumentare la velocità di smaltimento del lattato con il recupero attivo, non sembra avere particolare significato per contrastare gli effetti della fatica.
BIBLIOGRAFIA
- Enrico Arcelli, Mauro Franzetti. Acido lattico e sport. Dalla fisiologia all’allenamento. Edizioni Correre, Milano, 2014
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