Consulenza scientifica
I PUNTEGGI DI RISCHIO
Qualsiasi tipo di malattia cardiovascolare (CVD) è associato a molteplici fattori, definibili come fattori di rischio. Per ridurre la prevalenza di CVD e ictus, l’American Heart Association sta sostenendo il Life’s Simple 7 (LS7), che consiste in 7 comportamenti dello stile di vita modificabili, tra cui:
- dieta
- obesità
- attività fisica
- stato di fumo
- pressione sanguigna
- colesterolo
- glicemia
Questo punteggio è utile perché è costituito da semplici variabili che possono essere ottenute in qualsiasi parte del mondo; pertanto, può essere applicabile a persone di tutte le etnie.
ACIDI GRASSI POLINSATURI OMEGA-3 (N-3 PUFA) E CVD
La dieta ha un grande impatto sulla nostra funzione fisica e sul metabolismo del corpo. Tra i numerosi nutrienti, molta attenzione è stata dedicata agli acidi grassi polinsaturi omega-3 (n-3 PUFA) che si trovano nell’olio di pesce.
Questi svolgono ruoli importanti in varie funzioni cellulari, tra cui la segnalazione, la fluidità della membrana cellulare e il mantenimento strutturale. Regolano anche i processi infiammatori che portano allo sviluppo di CVD.
L’effetto benefico di n-3 PUFA è stato attribuito all’abbassamento dei livelli sierici di trigliceridi; tuttavia, sembrano esserci altri effetti “pleiotropici“. n-3 PUFA contribuisce non solo alla riduzione dei livelli sierici di trigliceridi, ma anche alla modifica dei classici fattori di rischio cardiovascolare, come l’ipertensione.
Una recente metanalisi ha concluso che 20 g di assunzione di pesce o 80 mg di assunzione di n-3 PUFA al giorno erano associati a una riduzione del 4% della mortalità correlata a CVD. Questo suggerisce chiaramente che l’effetto cardioprotettivo dell’assunzione di pesce sembra essere principalmente attribuito a n-3 PUFA.
L’assunzione di acidi grassi trans (TFA) è stata associata a dislipidemia, diabete di tipo 2, CVD e mortalità per tutte le cause. Pertanto, le linee guida dietetiche raccomandano il non consumo di TFA.
ASSUNZIONE DI SALE E CVD
Sappiamo che una maggiore assunzione di sale è associata a un rischio maggiore di ipertensione e una riduzione dell’assunzione di sale può proteggere dallo sviluppo dell’ipertensione.
Tuttavia, ci sono anche diversi importanti fattori di sensibilità associati all’assunzione di sale e allo sviluppo dell’ipertensione, inclusi fattori genetici e fattori acquisiti, come abitudini alimentari diverse dall’assunzione di sale.
Anche un eccessivo consumo di fruttosio e sale, soprattutto durante l’adolescenza, predispone all’ipertensione, attraverso irrigidimento vascolare e alla disfunzione diastolica del ventricolo sinistro, entrambi altamente associati allo scompenso cardiaco.
MICROBIOTA INTESTINALE E CVD
Il microbiota intestinale è associato a una varietà di malattie, tra cui CVD. Sebbene siano influenzati anche da alcuni fattori genetici, il principale fattore che contribuisce al nostro microbiota dovrebbe essere la nostra dieta.
Le indagini hanno indicato che il microbiota intestinale è coinvolto nella patogenesi della CVD e può essere considerato come uno dei suoi fattori causali. Il microbiota intestinale sembra avere molteplici funzioni nell’uomo, tra cui la produzione di energia, il mantenimento dell’omeostasi intestinale, il miglioramento dell’assorbimento dei farmaci, le risposte immunitarie, la difesa dai patogeni e la produzione di prodotti microbici, come la vitamina K, l’ossido nitrico, la trimetilammina-N -ossido (TMAO) e lipopolisaccaridi.
In particolare la TMAO, un metabolita del microbiota intestinale, può avere prospettive interessanti su come questo particolare metabolita contribuisce allo sviluppo dell’insufficienza cardiaca.
BIBLIOGRAFIA
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